di Angela Frati
Dopo esser stata ricostituita da Napoleone, l'Accademia della Crusca, pur protesa a divenire un baricentro della vita letteraria italiana e a realizzare una nuova edizione del suo vocabolario, non riesce a stare al passo con i grandi mutamenti che nel corso del secolo segneranno la società, la cultura e, di conseguenza, la lingua. Ma la sua crisi non è priva d'interesse, perché consente di leggere con più chiarezza alcuni snodi che l'italiano dovette superare e di precisare alcuni aspetti delle discussioni linguistiche che tornarono a divampare.
Sulla scorta di materiali inediti o poco noti, delle vicende della Crusca nel secolo XIX vengon così messi a fuoco singoli episodi particolarmente significativi, sia sul versante linguistico-lessicografico – l'apertura alle terminologie tecnico-scientifiche, le postille di Monti alla Crusca ‘veronese', l'allargamento del canone dei “citati” ai moderni – che su quello più generale della sua politica culturale, ricostruendo i rapporti fra l'Accademia e scrittori come Giordani, Leopardi, Foscolo, Manzoni.
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