di Giorgio Linguaglossa
di Rita Pacilio
di Luigia Sorrentino
L’illuminazione simbolista cede il passo all’allucinazione onirica, facendo sì che Barcellona si converta in letteratura direttamente dal sogno e le sue immagini risultino sfocate, proprio il contrario di ciò che accade in una visita turistica. È come se il poeta, dopo aver parlato delle proprie radici nel sud Italia, approfittasse ora della propria condizione di sradicato, che dalla grande città catalana prova ad esprimere poeticamente, attraverso il folto intreccio urbano, la ricchezza delle immagini che configurano il mondo, e soprattutto lo stato di coscienza nel quale l’io si confronta con la condizione umana per riflettere su temi quali il dolore e la solitudine. Ed è in questo tentativo che avviene l’incontro con i fantasmi di alcuni poeti, sia vivi che morti. (Vicenç Llorca i Berrocal)
Bux crea dapprima uno spazio nuovo, che non esisteva, per poi sovrapporlo a una città reale, come in quei libri turistici dove mediante la carta velina disegnata si può vedere come erano fatti i monumenti dei quali ora non restano che rovine. La poesia di Bux aggiunge così una dimensione alla realtà che in questo caso non è ricostruzione, bensì ricreazione. Non riporta al passato, né promette un futuro, ma apre la mente a una nuova prospettiva, a un nuovo spazio del pensiero. Niente è ciò che sembra nel mondo creato dal poeta e, tuttavia, attraverso il poeta stesso, tutto è più di quel che sembra, rispetto a come poteva apparire a prima vista. (Martín López-Vega)
Opera vincitrice del Terzo Premio internazionale di poesia Piero Alinari 2014.
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