di Giovanni Dotoli
di Emiliano Ventura
di Stefano Vicentini
di S.V.
di Marco Marchi
I poeti non creano tutti allo stesso modo: vi è chi metaforicamente forgia la parola in una rumorosa officina e chi, come Mario Luzi, ama filare, tessere, cucire i propri versi in un ambiente silenzioso che predispone all’ascolto della voce fluente dell’esistenza.
In questo volume il lettore è guidato a visitare l’affascinante “atelier” luziano – nel quale il poeta di Firenze ha fissato nel suo splendido “arazzo” quel che ha colto nel mutamento e nella metamorfosi della realtà – per scoprirne gli angoli più riposti e i “segreti del mestiere”.
Negli studi dedicati alla poesia di Mario Luzi la critica preferisce concentrarsi su una sola raccolta o esaminare un insieme omogeneo di raccolte, sacrificando la bellezza di uno “sguardo panoramico”. L’aver puntato metodologicamente a un’interpretazione trasversale della sua opera in versi (dalla raccolta d’esordio «La barca» al maturo e poematico «Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini») considerata come un “corpus” unico, ovvero come un macro-testo – grazie a un’accurata analisi intertestuale (estesa a una “contaminazione” tra generi testuali, quali il teatro e il romanzo) – ha permesso di individuare dei nuovi nessi semantici e di allargare il ventaglio delle fonti.