Nel contesto tormentato degli anni tra la Riforma protestante e il Concilio di Trento, dalla «stabile amicitia» che legò «in christiano nodo» Vittoria Colonna e Michelangelo Buonarroti nacque un fitto dialogo spirituale, letterario e artistico. Segno speciale di tale sodalizio è la raccolta di 103 sonetti a tema religioso che la nobildonna donò all’artista fra il 1539 e il 1540.
Nella silloge, l’unica allestita personalmente dalla poetessa, emerge l’autenticità dell’esperienza religiosa della Colonna, che offre una dimensione totalizzante e autonoma al soggetto sacro e infonde la linfa delle Sacre Scritture nell’albero allora rigoglioso del petrarchismo letterario. Ne derivano rime spesso austere e severe, dallo stile meditativo, solenne e asciutto, in cui traspare l’arduo tentativo di narrare un’esperienza di fede tanto profonda quanto ineffabile: in un ritmo serratamente argomentativo, la Colonna rielabora riflessioni, dubbi e certezze, preghiere e invocazioni del proprio itinerarium in Deum.
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