di Giovanni Bogani
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di Roberto Incerti
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È una sera di Carnevale del 1707. Il Cardinale Francesco Maria de Medici, convocato con urgenza dal fratello, il granduca Cosimo Terzo, è strappato dalla felice carnalità della sua villa di Lappeggi, nella quale si è guadagnato il soprannome di “cardinal cuccagna”, e accolto nella fredda residenza granducale. La dinastia è in pieno declino, i figli di Cosimo non riescono a dare un erede che garantisca la discendenza. Cosimo vede in Francesco Maria l'ultima speranza. Il fratello crapulone, Cardinale unicamente per motivi dinastici, deve “scardinalarsi”, sposarsi, dare alla famiglia Medici un erede e con esso un futuro.
È questa la cronaca dell'ultimo tentativo di sottrarsi ad una decadenza che ha attratto in modo particolare l'autore; una seduzione che nasce dal trovarsi come al centro di un naufragio dove una circolare inesorabilità sembra inghiottire ogni dinamica di vita. Muovendosi nel caos dell'ultimo atto di una grande famiglia e nella vicenda di un uomo che decide di abbandonare il suo mediocre ruolo di “secondo”, che lo ha sempre visto soccombere davanti al fratello maggiore granduca Cosimo, Chiti scopre strane superfici riflettenti che annullano le distanze fra passato e presente. Non è solo un esempio di corso e ricorso storico, ma una più sottile specularità, una beffarda sconsolata aderenza al profilo di un uomo, che malgrado la sua distanza storica dal tempo presente ha caratteristiche che ne fanno sicuramente una figura contemporanea. Un personaggio dalla becera sontuosità, che si contrappone alla gelida stitichezza degli altri, che sproloquia privilegiando i destini del corpo e della tavola prima che quelli nel mondo, che inalbera toni bizzosi e sfiora una lapidarietà da veggente davanti all'ipocrisia e alle bigotte paure del potere che lo circonda.
In Nero Cardinale Chiti mette a fuoco un personaggio “minore” della grande dinastia fiorentina che gli è valso il Premio Riccione ATER 1987.