di Gianluca Stefani
1751-1753: gli ultimi due anni al Sant’Angelo segnano nella carriera di Goldoni un punto di svolta. I motivi sono molteplici: l’appoggio del pubblico veneziano, che comunica al poeta l’illusione (presto destinata a tramontare) di un auspicato mutamento sociale attraverso la messa in atto dei nuovi principi di ragionevolezza, convivenza civile, rispetto fra le classi, parità di genere; la tensione laboratoriale delle «pièces» di questo periodo, collegate fra loro ma ognuna differente dall’altra, innovative per temi, stile, ambientazione; l’approfondimento dei caratteri, soprattutto femminili (significativo che, nel Carnevale 1751, entri in compagnia, nel ruolo di Corallina, Maddalena Marliani, attrice che trasmette a Goldoni un rinnovato slancio creativo). Le diciassette commedie allestite in questo biennio sono qui rilette con attenzione analitica per sottolineare il rilievo attribuito dal poeta al valore etico delle sue opere teatrali, con vari sondaggi anche sulla memoria letteraria sottesa ai testi, dal «Proemio» decameroniano (richiamato nella dedicatoria di «Le femmine puntigliose») a «Le piacevoli notti» di Straparola (evocate per la Corallina di «La serva amorosa»). Goldoni non teorizza, non stabilisce regole assolute, non conosce la formula della commedia perfetta. È un autore sperimentale (il «Galileo» della nuova letteratura…) che collauda ogni giorno nuove miscele, nuovi composti, in sintonia con i gusti del pubblico pagante e con lo sguardo rivolto all’obiettivo di «castigare ridendo mores». Sperimentale, e con le idee chiare: «Fo il fatto mio», taglia corto «L’autore a chi legge» di «I puntigli domestici».
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