di Roberto Masi
di Raffaele Palumbo
di Gabriele Lastrucci
Una tavolozza di colori sfumati e brumosi avvolge i protagonisti di questi racconti, che si offrono al lettore come degli acquerelli, dove con poche pennellate vengono resi precisi stati d’animo. La narrazione procede per dettagli: gesti appena percettibili, espressioni minime dei volti, indecisioni e silenzi capaci di fermare il senso di un istante.
Le vite raccontate sono fatte di abitudini, di riti laici quotidiani che riportano gli imprevisti e l’ignoto dentro i binari rassicuranti dell’ovvio e del già visto. I personaggi sono fragili, velati, quasi evanescenti; neppure il nome con cui ognuno si identifica è in grado di restituire certezze.
In queste istantanee della distanza, il tratto dell’assenza, del distacco, vissuto più o meno dolorosamente, tra amanti, genitori, figli, fratelli, amici di infanzia, coniugi, ci fa scoprire che non si conosce mai abbastanza chi trattiamo con familiarità; ognuno risulta in fondo un estraneo, e anche i tratti più forti del vissuto risultano soltanto immagini di una costante, gelida mancanza di comunicazione.