«Chi mi darà la voce e le parole?» Questo suggestivo verso del Boiardo viene enfaticamente riproposto dall’Ariosto. Tra i tanti legami che tengono ben stretti l’«Orlando innamorato» e l’«Orlando furioso», quel verso condiviso ci dice che la poesia cavalleresca gioca la sua partita artistica più importante nel rapporto di mutua collaborazione tra la voce e le parole. Ci dice, a noi che siamo abituati a leggerli in silenziosa solitudine, che questi testi hanno un’intima propensione alla resa spettacolare: vennero composti anche per essere cantati e, di conseguenza, ascoltati da un pubblico presente e partecipe, quello che, nelle sale di corte come nelle piazze, godeva dell’arte performativa dei cantastorie.
I percorsi affrontati in questo volume, spesso disponibili alla divagazione, ci aiutano a osservare vasti orizzonti culturali e letterari. Incentrate sulla realtà fiorentina nel periodo che va dal tardo Trecento al primo Cinquecento, altre libere perlustrazioni ci orientano nei singoli generi (quello comico, oltre a quello cavalleresco), agevolano la mappatura di contenuti, modalità espressive e formali, consentono l’incontro con scrittori capaci di dare una forte impronta al codice letterario entro cui operano, come Burchiello e Andrea da Barberino. Viene più facile, poi, incontrare anche Pulci, Lorenzo o Machiavelli, riascoltare le loro voci, rileggere le loro parole.