Nell’“Ospite sgradito”, che nella bibliografia di Carlo Villa precede il presente titolo, nella chiusa l’autore l’aveva pur detto di stimare l’uomo malvagio quanto ogni volta gli bisogna: spesso accecandosi artificialmente per esaminarli meglio i luoghi del suo scrivere, subendovi l’irreparabile che permea i dipinti medievali, col viso dei redenti così simile al ghigno dei dannati. Ma di tanti scempi descritti – della politica, quanto della cosiddetta società civile che con dolo paritario l’asseconda – poi Villa ha lasciato sempre che per trarvisi in salvo agisse l’umile lavoro della poesia, che anche alle cose più insensate sa dare un pegno sensibile.
E anche in questa nuova puntata d’un giornale alla Eluard, l’autore de “La nausea media” e di “Pan di patata” scrive per chi non abbia altro che incubi, dai quali sia difficile destarsi senza l’ozio affaccendato del leggere, schierandosi disincantato con Cioran, quando sentenzia: “Soltanto lo scrittore senza pubblico può permettersi d’essere sincero. Una cosa solo conta, imparare ad essere perdenti”, in un pessimismo senza rimpianti, che dimostra quanto sia vero che chiunque scriva un libro, per quanto cupi possano essere i suoi passaggi, resta necessariamente un ottimista. Credesse davvero a quello che scrive, perché impiegherebbe così copiose energie e tanto tempo per dirlo?
Se solo a saper distinguere il proprio pieno dal proprio vuoto, s’apprende l’architettura d’uno stile, l’approssimazione e bugia per eludere l’oltraggio del gesto inessenziale. Consola ciò che può riscattare dall’incongruo, per quel centro che in ogni caso resta di chi lo trova; purché cercato con attenzione, la periferia lasciandola a chi vi si senta compatibile; e Villa ha perseguito tutto questo da oltre mezzo secolo, da considerarsi uno stilita assiso in precaria attesa che le barbarie descritte lo riducano all’inevitabile precipizio, la scrittura vigente non concependo più da tempo la frase responsabile. Ed è per tanto disagio sofferto che filtra questo distillato di paragrafi indignati senza più nulla a pretendere, con l’ansia d’uno scriba ridottosi a vittima sacrificale dalla sua stessa fedeltà a un compito sopraffatto dall’inessenziale dilagante.
In Villa tutto è testo in questo suo diario che mima l’anima, animando la vita, solo venisse letto: antologia di affondi da prima pagina, a commento d’una condizione drammatica che incalza nel raccontare una storia disperatamente laica, nella convinzione che tutto sia sempre possibile all’autenticità della scrittura; o nulla si potrà più salvare.
Prezzo € 16.00
pp. 296
Formato 14x21
Anno 2010
ISBN 9788860321442
Edizione a stampa non disponibile per l'acquisto on line