Il volume raccoglie per la prima volta, in un’edizione filologicamente controllata e ampiamente commentata, tutte le opere poetiche di Giovanni Della Casa, riunendo intorno alle sue celebri «Rime» la scrittura burlesca in volgare («Capitoli» e «Rime piacevoli») e la produzione latina dei «Carmina».
All’inizio del percorso si collocano i «Capitoli», composti tra il 1533 e il 1536 nell’ambito dell’Accademia dei Vignaiuoli, un’esperienza creativa breve, in seguito ripudiata o elusa, dalla quale nacquero cinque ternari secondo la tradizione comica toscana. Di particolare spicco il «Capitolo sopra il Forno», futuro bersaglio polemico di Pietro Paolo Vergerio.
Intorno alla metà degli anni Trenta, accantonata la musa burlesca (ma non definitivamente, come provano le «Rime piacevoli» e alcuni «Carmina»), Della Casa comincia a scrivere le Rime, mentre compie i primi passi della sua carriera ecclesiastica sotto l’egida dei Farnese. Nel loro articolato percorso, che accompagnerà sino alla fine la non facile vicenda esistenziale dell’autore, le poesie italiane evolvono da canzoniere d’amore a canzoniere morale e spirituale che ha alla base l’ampio retaggio dei «Rerum vulgarium fragmenta» e delle «Rime» bembiane (modelli emulati in progressiva autonomia), la tradizione poetica volgare di tardo Quattrocento e di primo Cinquecento, nonché l’oratoria dei classici antichi, sentita come una lingua madre. Al centro vi è la canzone «Errai gran tempo», che raccoglie le spinte innovative e inaugura una svolta nel segno del pentimento e della conversione, da cui nascono le ultime rime, l’espressione più alta della lirica italiana nell’età compresa tra Ariosto e Tasso, in una tensione che libera la poesia dalle secche del petrarchismo.
Un classicismo illuminato da sprazzi di fede cristiana sottende anche i «Carmina», specialmente quelli scritti tra il 1551 e il 1555, sul modello fondamentale di Orazio, ma anche di Virgilio, Ovidio e Catullo. Al nucleo delle sedici poesie incluse nella «princeps» dei «Latina monimenta», si aggiungono qui i componimenti latini extra-vaganti, ordinati in una ben distinta «Pars altera» e, insieme a tutto il «corpus», integralmente commentati e tradotti in italiano.