Quadri di una esposizione in un libro di critica letteraria? In un tempo di crisi della lettura, la letteratura e gli autori sono stati collocati, come fossero dipinti, in esposizione, secondo una teoria di Maria Gregorio che ha avuto larga applicazione soprattutto in Germania per le Case museo di Goethe a Weimar e di Thomas Mann a Lubecca. Il costume delle esposizioni d’arte ebbe inizio nel Seicento a Firenze e Roma, come racconta Francis Haskell in La nascita delle mostre (2008). Poi quella moda dilagò. Esporre è diventata una norma, una mania. Che anche la letteratura debba mostrarsi è la nuova frontiera dell’esporre. Il libro rivisita queste modalità espositive e ne aggiunge altre, fra le quali il turismo. Frequenti le incursioni in archivio, mantra di una modernità smemorata. L’archivio, dall’accogliente luminoso Vieusseux-Bonsanti, con le sue squisite vestali, agli archivi di politici e misteri, di poteri e di stragi, di colpe e ricatti, di fatuità ma anche di oggetti desueti e maledetti, sono l’altra dorsale del libro. L’arte vista da un anatomopatologo, Giorgio Weber, è in Mirabilia weberiane, autopsie di capolavori. Il mondo di un’economia disastrata è rivisitato nel capitolo su Paolo Volponi. Se la recherche industriale celebra il mito di Adriano Olivetti, l’altra recherche vola alle dimore dei Lampedusa, dove un tempo fu il paradiso, come tutti i paradisi, perduto. Agli atti resta il presente. Un Capo Horn delle tempeste. Si tratta solo di non fare naufragio.