di Lorenzo Gafforini
Vincent König è il curatore degli archivi della scrittrice svizzera Esther Montandon. Da una cartella etichettata “fatture”, emergono un giorno, per caso, decine di fogli ancora inediti. Con una prosa lontana da qualsiasi eccesso, Esther evoca la scomparsa della figlia Louise, morta in un incidente. I ricordi si mischiano alle ipocrisie e alle convenzioni del mondo circostante, freddo, incapace di comprendere. Lo scorrere implacabile del tempo e l’impossibilità per Esther di far fronte al “dopo” caratterizzano queste pagine, pubblicate con il titolo «Vivere vicino ai tigli». Storia di una madre che non vuole smettere di essere tale, malgrado la tragedia, il libro è anche una riflessione sulla forza dei sentimenti e sul potere della letteratura nel rappresentarli. Dietro Esther Montandon, si nasconde infatti un collettivo di giovani scrittori, l’AJAR, che con eccezionale sensibilità conduce il lettore all’ascolto di una sola e unica voce, avvolta nel proprio dolore. «Vivere vicino ai tigli» riesce a commuovere e a convincere, provando non solo che la finzione non è il contrario della realtà, ma che forse niente è più autentico della finzione stessa.