La letteratura e la scienza costituiscono il binomio fondante dell’indagine critica e della riflessione estetica di Francesco De Sanctis. Nella scuola di Vico Bisi, che precede l’esperienza del quarantotto, la scienza si identifica progressivamente con l’estetica, strumento di indagine sul testo teoricamente più attrezzato della retorica di tradizione. Nella stagione successiva matura invece una concezione che accoglie l’intero sapere scientifico a partire dalla filosofia naturalistica meridionale, in grado di consentire il superamento dell’hegelismo più stretto, e dalla lezione di Vico, presente fin dalle origini, ma ancora non decisiva nell’acquisto di una concezione della storia.
Il volume indaga questa problematica muovendo nel primo contributo da uno studio della lezione nella prassi accademica ottocentesca per rivendicare l’importanza dell’insegnamento della prima scuola e approfondire al tempo stesso l’origine di una storiografia filologicamente composita. La Storia della letteratura italiana, nata ad anni di distanza come manuale per i licei e costruita su materiali acquisiti e ripensati, e in particolare i suoi due capitoli finali ripropongono la questione da un punto di vista ideologico. In questo ambito il confronto avanzato negli anni del secondo dopoguerra con il critico russo Belinskij viene precisato alla luce di una scienza intesa anche come filosofia nazionale, mentre recenti interpretazioni filosofico-politiche, aggregate intorno a una Italian theory, sono misurate sulla densità concettuale e sulla ricchezza di informazioni, dati, citazioni presenti nell’opera, che smentiscono la sua presunta mancanza di un oggetto storiografico.
Seguono due interventi dedicati a De Sanctis autore e critico di teatro, nei quali sotto traccia riemerge, nel Torquato Tasso, il rapporto, in questo caso drammatico, tra la poesia e la scienza, incarnata dal personaggio di Telesio, a conferma di una dicotomia, non sempre risolta o pacificata, al cui interno si colloca il suo magistero.