Il poeta mago procede qui per accumulazioni, salti lessicali e culturali, decantazioni operate nell’alambicco della lingua e delle figure culturali, quasi a voler disorientare il lettore, impedendogli ogni torpore, l’acquiescenza alle abitudini dell’hypocrite lecteur. Qui, sembra voler dire, non troverete alcun verso trasparente, niente «Chiare fresche dolci acque» o «Dolce e chiara è la notte e senza vento…» Bettetini si pone su un crinale arduo e scosceso: lascia spesso parlare la voce interiore, dandole piena padronanza sulla lingua, fino a sfiorare una occulta logica onirica in ossequio ai presupposti delle poetiche moderne da Mallarmé in poi. O forse e meglio: lascia che la lingua si faccia voce interiore.
(dalla «Prefazione» di Bruno Nacci)